Con un più 12%, il Lazio è la regione con la media di morti sul lavoro superiore a quella nazionale. Lo scorso anno infatti sono stati registrati tre decessi ogni mille infortuni, contro una media nazionale del 2,2. Un triste risultato che non coinvolge solo il 2021 ma va a ritroso nel tempo con numeri che crescono di anno in anno. Nel quinquennio 2016-2020 ci sono stati in media 114 morti l’anno. Erano stati 100 nei quindici anni precedenti e 86 nel quinquennio ancora precedente.
Questi alcuni dati elaborati dalla Uil Lazio e dall’Eures in merito agli infortuni sul lavoro. Tra il 1976 e il 2020 quasi 2,3 milioni di lavoratori sono stati coinvolti in un incidente sul posto di lavoro e 4 mila hanno perso la vita, con una media quindi di 50 mila infortuni l’anno e 90 morti. Media cresciuta notevolmente soprattutto nell’ultimo ventennio: mentre, infatti, nel 1976 ogni 1.000 infortuni occorsi 1,5 avevano esito mortale, tale rapporto è salito a 2 all’inizio degli anni 2000 per raggiungere il valore massimo – pari a 3,6 morti sul lavoro ogni 1.000 eventi denunciati – nel 2020.
Spostando l’attenzione all’ultimo anno, i risultati – ancora provvisori – segnalano 36.906 denunce di infortuni sul lavoro nel Lazio (il 6,6% del totale nazionale, pari a 555.236 unità); con una crescita rispetto all’anno precedente del 3,7% che, in termini assoluti, corrisponde a un incremento di 1.322 unità, a fronte di una sostanziale stabilità rilevata su scala nazionale (+896 infortuni in termini assoluti).
“Una vera e propria strage che va assolutamente fermata a qualsiasi costo – commenta il segretario generale della Uil Lazio, Alberto Civica – abbiamo più volte denunciato la situazione di assoluta precarietà in campo di sicurezza sul lavoro, avviato come Uil la campagna “zero morti sul lavoro” e ottenuto finalmente una legge regionale in merito. Ma servono controlli a tappeto, ispezioni senza preavviso. Serve il rispetto e il monitoraggio dei contratti. Meno necrologi e attestati di solidarietà e più concretezza”.