Aumenta l’occupazione nel Lazio, ma è soprattutto precaria. Dei 385,6 mila nuovi rapporti di lavoro attivati tra gennaio e giugno 2021, 310 mila sono a termine. Questo quanto emerge dal dossier della Uil Lazio e dell’Eures relativamente alla situazione economica nella nostra regione durante l’anno in corso. I dati Istat relativi ai primi tre trimestri del 2021 mostrano per il Centro Italia un incremento dell’occupazione (+0,8%) e, allo stesso tempo, una contrazione dell’inattività (-7,9%). Ma esaminando nel dettaglio attivazioni e cessazioni dei nuovi rapporti di lavoro si nota come sia aumentato il livello di precarizzazione che soprattutto tra le donne raggiunge risultati record. I contratti a tempo determinato infatti tra il 2020 e il 2021 registrano un incremento del 44,1%, mentre diminuiscono i contratti a tempo indeterminato che nello stesso periodo subiscono un calo del 2%. Rapportando, infatti, per ciascun anno i contratti a termine sul totale delle attivazioni del periodo, i risultati mostrano un indice in peggioramento: nel 2021, infatti, l’80,4% dei rapporti di lavoro attivati nel Lazio è a termine, contro una quota pari al 73,6% dell’anno precedente (+6,8 punti percentuali), un risultato che peraltro eccede anche la media nazionale, pari al 79,2% (75,6% nel 2020).  La disaggregazione di genere mostra come oltre il 60% dei contratti attivati abbia coinvolto lavoratori di sesso maschile (232.786 unità in termini assoluti), a fronte di un’incidenza del 39,6% tra le donne, destinatarie di 152.838 contratti di lavoro. Di queste, l’81% a tempo determinato. Situazione peggiore rispetto anche all’anno precedente quando si registrava un indice pressoché analogo a quello maschile.

“È una ripresa economica all’insegna della precarietà, indice quindi di un’economia ancora troppo debole e sofferente – commenta il segretario generale della UIL Lazio, Alberto Civica – a conferma purtroppo di quanto la pandemia continui ad incidere sul lavoro e la vita di tutti i giorni. Per riscattare un anno di semi inattività, soprattutto in alcuni settori, sono necessarie manovre concrete a vantaggio dei più deboli sicuramente, ma anche di quei lavoratori che purtroppo risultano penalizzati anche dalle ultime decisioni governative. Inoltre, ancora una volta sono le donne a pagare il prezzo più alto visto che è riservata a loro la maggior parte dei contratti a termine”.  I primi segnali di ripresa, dopo il forte crollo del Pil nel 2020 (-8,4% rispetto all’anno precedente), mostrano per il Lazio un rimbalzo del +5,3% nei primi 6 mesi del 2021. Il rilancio è favorito soprattutto dal comparto industriale e in particolar modo dall’edilizia,  grazie agli incentivi per la ristrutturazione e la riqualificazione energetica degli edifici (Superbonus 110%, rinnovato anche per il 2022), mentre i servizi – soprattutto ristorazione e turismo – non danno ancora segni di pieno recupero.

“Ripresa sostenuta molto dagli incentivi del governo – continua Civica – ciò significa che è necessario creare nuovi aiuti che favoriscano la ripresa del lavoro buono, di quello cioè non precario e non a breve scadenza”. Completamente in discesa invece il mondo delle imprese. Nonostante infatti il Lazio sia la seconda regione italiana (dopo la Lombardia) per numero di imprese registrate, si assiste quest’anno a un calo dell’1,4% che non trova riscontro a livello nazionale, dove invece si ha un incremento del +0,6%. È Roma ovviamente la provincia col numero maggiore di imprese (oltre 490 mila) ma è anche l’unica provincia del Lazio che ha registrato una dinamica decrescente: rispetto al 30 settembre 2020, infatti, le imprese crescono dell’1,6% a Rieti, dell’1,3% a Frosinone, dell’1% a Viterbo e dello 0,5% a Latina. La dinamica romana trascina però l’intera regione, dove si registra un decremento del 6% (meno 452 imprese).

La crescita del Pil regionale è dovuta soprattutto alla crescita sia delle esportazioni sia delle importazioni. Confrontando i dati relativi ai primi nove mesi del 2021, si nota un incremento delle esportazioni (10,9%) che, sebbene inferiore a quella nazionale (20,1%), ha determinato un pieno ritorno ai livelli pre-pandemici. La dinamica espansiva del Lazio è trainata dalla Città Metropolitana di Roma, le cui esportazioni sono aumentate del 41,4%, pari a oltre 2,7 miliardi di euro in valori assoluti. Seguono a considerevole distanza le province di Rieti (+16,1%) e Viterbo (+15,1%), mentre rimane stabile il dato di Frosinone (+1%) e la provincia di Latina registra un drastico calo (-12,9%). Quanto alle importazioni, dopo il calo (-7,8%) dovuto alla crisi pandemica, nell’anno in corso si intravede qualche segnale di ripresa (+3,3%), sebbene molto distante dalla dinamica nazionale (+23,6). In termini assoluti, infatti, le importazioni nei primi nove mesi dell’anno hanno raggiunto i 26,9 miliardi di euro, un valore ancora inferiore ai livelli pre-crisi, a fronte di una dinamica opposta su scala nazionale, dove le importazioni si sono attestate intorno ai 335 miliardi di euro, contro i 318 miliardi del 2019. E’ il comparto manifatturiero con 20 miliardi di euro a fare la parte del leone poiché da solo assorbe oltre il 96% delle esportazioni regionali, registrando così una crescita del 10% rispetto all’anno precedente, l’incremento più significativo si osserva nel comparto petrolifero (+201,2%, sebbene assorba solo il 3% delle esportazioni regionali), nell’industria metallifera (+90,1%), in quella tessile (+42%) e nel settore dei mezzi di trasporto (28,5%). Sul fronte opposto, variazioni di segno negativo si osservano nel comparto chimico e farmaceutico (entrambi -11,1%), la cui incidenza sul totale di conseguenza scende di oltre 10 punti percentuali.