“Una tragedia della solitudine, dell’isolamento, della chiusura. Pensiamo derivi soprattutto da questo il gesto compiuto dalla diciannovenne di Monterotondo che ieri ha ucciso il padre al culmine di una lite. Senza addentrarci negli aspetti giudiziari che non ci competono, quello che sembra emergere è che il padre fosse noto alle forze dell’ordine per la sua indole violenta in famiglia. Perché però questo emerge soltanto adesso? La vicenda era seguita dai servizi sociali locali? Quanta sofferenza e silenzio si celano dietro il gesto estremo della ragazza? Purtroppo spesso manca una rete sociale reale, mancano gli appoggi esterni. Ci si limita ai commenti postumi, ma la maggior parte delle vittime di violenza è sempre e anche vittima di indifferenza. Le donne vengono lasciate sole ed è questo che acuisce sia la sofferenza, sia la difficoltà ad uscire da una situazione che diventa una spirale senza via d’uscita. E nella spirale, la speranza di salvezza diventa sempre più utopica e lontana. C’è il dramma. Il proprio dramma da affrontare, combattere, risolvere nella propria solitudine. Nelle mura di casa. Perché spesso non si sa dove andare. Si ha paura a parlare. Si ha il timore di non essere credute o di essere sottovalutate. Rischi concreti, non paranoie di donne maltrattate, come sostiene qualcuno. E’ esattamente questo che dovremmo riuscire a scardinare. Questo meccanismo diffuso e perverso per cui ci si ricorda delle vittime di violenza solo quando arriva l’ennesimo femminicidio o la reazione estrema. Basta! Società civile significa e deve significare tutela, giustizia sociale, rete, solidarietà, sinonimo di inclusione e di civiltà. La mancanza è un fallimento per tutti”. Così la Uil del Lazio in merito alla triste vicenda di Monterotondo.