Aumenta la disoccupazione nel Lazio. Nel 2018, infatti, l’esercito dei senza lavoro è cresciuto di 15 mila unità rispetto al 2017 sfiorando così il valore di 300 mila, ovvero il 10,8% del totale nazionale (pari a circa 2,75 milioni). Dato destinato a salire ulteriormente se ai disoccupati in senso stretto si aggiungono le forze di lavoro potenziali, coloro cioè che non cercano lavoro ma che sarebbero disposti a intraprendere un’attività lavorativa e coloro che – pur essendo alla ricerca di impiego – non sarebbero disposti a cominciare a lavorare nell’immediato. Questi ultimi, pur essendo diminuiti lo scorso anno di oltre 13 mila unità, raggiungono comunque le 240 mila unità che, sommate al numero dei disoccupati, significa ben 538,2 mila cittadini senza lavoro nella nostra regione. Questi alcuni dati elaborati dalla Uil del Lazio e dall’Eures sull’occupazione nel Lazio in relazione al contesto nazionale.

A farne le spese sono soprattutto il terziario (-0,3% nell’ultimo anno) e il lavoro autonomo che nell’ultimo quinquennio cala del 7,4% nella nostra regione (-3,3% in Italia). “Una situazione allarmante – commenta il segretario generale della UIL del Lazio, Alberto Civica – perché l’incremento della disoccupazione è segno di un Paese che arretra, un Paese che, preso da problemi inesistenti, tralascia le politiche sociali e quelle del lavoro come abbiamo denunciato qualche giorno fa a Bruxelles. Si stanno creando dei veri e propri drammi che il reddito di cittadinanza non sarà in grado di sanare. Crisi del terziario significa crisi dell’economia su cui si regge questa regione e l’intero Paese. Basti pensare alla Capitale dove i servizi rappresentano circa l’80% dell’intera economia. Così come meno occupazione tra i lavoratori autonomi significa un’ulteriore penalizzazione dei piccoli commercianti, degli artigiani, delle imprese a conduzione famigliare”.

A risentire del calo dell’occupazione non dipendente sono in modo particolare il viterbese (-10%), l’area pontina (-2,7%) e l’area metropolitana della Capitale (-2,4%). Diminuzioni che riguardano l’ultimo anno ma che trovano conferma anche estendendo l’analisi all’intero quinquennio 2014-2018 quando si registra nel Lazio un meno 7,4%. Dato superiore alla media nazionale, pari al -3,3%. E anche in questo caso sono sempre Viterbo e il territorio metropolitano di Roma ad accusare i crolli maggiori: ben -32% nella Tuscia e -8,2% nella Capitale, dove contemporaneamente nello stesso arco di tempo si assiste ad un incremento del lavoro dipendente pari all’8%. Va precisato però che l’aumento riguarda prevalentemente il lavoro part time che nella regione rappresenta il 20,2% di tutta l’occupazione (ovvero 381,2 mila lavoratori). Ad essere penalizzate sono soprattutto le fasce di età comprese tra i 25 e i 34 anni e tra i 45 e 54 anni, il cui tasso specifico di occupazione registra nell’ultimo anno una contrazione pari rispettivamente a 1,3 e 0,3 punti percentuali.  Sembrano avere maggiore stabilità occupazionale invece la fascia 35-44 anni e i lavoratori over 55.

L’analisi di genere mostra un leggero miglioramento del tasso di occupazione femminile, che nell’ultimo anno registra un incremento di 0,2 punti percentuali (dal 52,9% al 53,1%), continuando tuttavia a segnare uno scarto di quasi 16 punti rispetto a quello maschile, differenziale che raggiunge i 27,1 punti a Latina e i 23,5 punti a Frosinone, province in cui l’indice di occupazione femminile è particolarmente basso, risultando pari al 39% nel territorio pontino e raggiungendo appena il 37% nell’area ciociara. Va meglio nella Capitale dove lo scarto di genere è pari “soltanto” 13,1 punti (70,4% il tasso di occupazione maschile e 57,3% quello femminile).

Piccoli segnali di speranza arrivano dall’industria (+2,8% di occupati nel 2018 rispetto al 2017) e dall’edilizia (+2,2% nel 2018) che, dopo l’emorragia di posti di lavoro che ha caratterizzato l’ultimo decennio, sembra poter tirare un sospiro di sollievo. Si tratta prevalentemente di un aumento collegato al recente dinamismo del mercato immobiliare: la contrazione dei tassi di interesse e la frenata dei prezzi delle abitazioni del biennio precedente hanno favorito le compravendite (+3%) e, di conseguenza, il bisogno di manodopera e di interventi di ristrutturazione edilizia. “Un segnale positivo soprattutto per un settore fortemente e a lungo penalizzato dalla crisi – commenta Civica – ma non c’è da essere ottimisti. L’edilizia ripartirà davvero quando ripartiranno le grandi opere, le infrastrutture di questo Paese. Sono questi i veri campi d gioco per riemergere economicamente, non certo le ristrutturazioni delle abitazioni private che, ben vengano, certo, perché impediscono al settore di soccombere e permettono ai lavoratori di sopravvivere, ma con i piccoli interventi non si rilancia l’economia”.

Qualche positivo spiraglio arriva anche dal comparto agricolo che registra nel 2018 un aumento di 1.600 lavoratori ed è l’unico settore ad avere il segno più durante tutto l’ultimo quinquennio. Ma è anche il settore che registra il più alto incremento di incidenti sul lavoro nell’ultimo biennio. Nonostante l’agricoltura caratterizzi buona parte dell’economia soprattutto pontina, non riesce da sola però a far da traino all’occupazione del territorio. La provincia di Latina, infatti, è quella che nel 2018 presenta l‘andamento più preoccupante a livello regionale: il tasso di occupazione passa dal 55,1% del 2017 al 53,4% nel 2018 e l’indice di disoccupazione aumenta in un anno di 2,7 punti percentuali.