Tempi di permanenza che superano le 24 ore e di contro 200 mila accessi in meno dal 2006 a oggi. Oltre 3.600 posti letto persi e 3.700 operatori sanitari in meno negli ultimi cinque anni. Una drastica riduzione dei codici bianchi a fronte di un incremento dei codici gialli e rossi. Questa in sintesi la situazione dei pronto soccorso nella nostra regione, fotografata dalla Uil Lazio, in collaborazione con l’Eures, nell’ambito dell’Osservatorio sulla sanità regionale. “Una fotografia drammatica – commenta il segretario generale della Uil di Roma e del Lazio, Alberto Civica – che dimostra quanto la situazione sia problematica e non risponda assolutamente alle esigenze dei malati e dei cittadini. I dati, le immagini e le “visite” da noi effettuate negli ultimi mesi all’interno degli ospedali romani e laziali, ci mostrano degrado e forti carenze ben lontani dai proclami ufficiali e da ciò che ci viene costantemente ripetuto sul settore. I costi saranno anche diminuiti, ma ciò ha comportato una forte riduzione di personale e servizi e, di conseguenza, un danno non indifferente all’utenza che si misura sempre più con una sanità pubblica malata e con attese drammatiche non solo per le visite specialistiche e gli esami, ma anche nei luoghi dove l’emergenza dovrebbe essere tempestiva, come i pronto soccorso”.

Nel 2014 i pronto soccorso del Lazio hanno registrato complessivamente circa due milioni di accessi (1.959.339), pari a 5.368 al giorno e a 224 ogni ora. Con una riduzione rispetto al 2006 – l’ultimo anno prima dell’approvazione e dell’introduzione del Piano di Rientro dal debito – pari all’8,2%, ovvero 175 mila pazienti in meno. Pazienti che salgono a meno 237 mila nel confronto con il 2009. Un esempio tra tutti l’ospedale San Camillo Forlanini, uno dei più affollati della Capitale. Qui gli accessi sono passati in dieci anni da oltre 83 mila a 56 mila nel 2014, con un tempo di stazionamento in barella presso il pronto soccorso che oggi può arrivare anche a cinque giorni, contro le 24 ore di dieci anni fa. Alla diminuzione del numero di accessi corrisponde di contro un incremento di esami di laboratorio e strumentali che in dieci anni sono aumentati di circa il 25% i primi e dell’8,2% i secondi.

“Incrementi dovuti all’aumento dei giorni di stazionamento, in attesa di ricovero, presso i locali del pronto soccorso che sono divenuti dei reparti di degenza – spiega il segretario regionale della Uil, con delega alla Sanità, Paolo Dominici -. Ciò comporta un aggravio di lavoro per il personale che deve alternarsi tra i nuovi arrivi e i pazienti in attesa. L’accorpamento dei reparti ospedalieri, il taglio dei posti letto, la riduzione del personale e della strumentazione disponibile – prosegue Dominici –  allunga i tempi di permanenza in pronto soccorso, soprattutto dei pazienti in attesa di trasferimento in altra struttura o in ricovero in reparto, creando il sovraffollamento che è sotto gli occhi di tutti e che, come UIL, abbiamo documentato con immagini e video durante i nostri tour nella sanità laziale”. Complessivamente, a livello regionale, si rileva che quasi 50 mila assistiti hanno stazionato in pronto soccorso per più di 24 ore, quasi 24 mila tra 24 e 36 ore e oltre 26 mila per più di 36 ore. Tra i soli pazienti ricoverati o trasferiti, infatti, la percentuale di permanenza superiore alle 24 ore sale al 9,3% (era il 2,5% per il totale degli accessi). Ciò indica che circa 32 mila pazienti sono rimasti in pronto soccorso più di un giorno – spesso in situazione di precarietà, in barella e nei corridoi – prima di essere indirizzati alle strutture di ricovero. E’ quella tra i 15 e i 44 anni la fascia d’età con il maggiore numero di accessi al pronto soccorso (751 mila nel 2014), seguita dagli over 64 che rappresentano quasi un quarto degli utenti totali (23,2%). Questi ultimi rappresentano anche le situazioni di maggiori criticità (44% codici gialli e 6% codici rossi), mentre la fascia 0-14 rappresenta quella con la più alta percentuale di codici bianchi.

In generale, dai dati relativi al codice di triage si evidenzia come i codici bianchi rappresentano il 4,9% del totale degli accessi (95.594 in valori assoluti); decisamente più rilevante l’incidenza dei codici verdi assegnati a ben il 68,3% dei pazienti (circa 1,3 milioni di accessi). Al contrario, le situazioni più critiche rappresentano il 26,6% del totale; di esse, il 24,4% (circa 475 mila accessi) è costituito dai codici gialli, mentre gli accessi in codice rosso rappresentano il 2,4% del totale (46.751 accessi). Nel corso degli anni è progressivamente cresciuto il livello di “gravità” e di “urgenza” nei pronto soccorso regionali: tra il 2009 e il 2014, infatti, i codici rossi aumentano del 64,7% passando dall’1,3 al 2,4% del totale (+18.363 accessi) e i codici gialli aumentano del 25,7%, passando dal 17,8 al 24,4% del totale (+97.141 accessi). “Un aumento apparentemente non comprensibile se si considera che è diminuito il numero di incidenti urbani – commenta Civica – aumento sicuramente dovuto al progressivo invecchiamento della popolazione, ma soprattutto frutto della mancata prevenzione che abbiamo registrato in questi ultimissimi anni, a causa della crisi. Le spese per esami e visite di controllo sono tra quelle più sacrificate dalle famiglie per far quadrare il budget. Al contrario, la forte contrazione dei codici bianchi è determinata principalmente dall’introduzione del ticket pari a 25 euro, entrato in vigore nel 2007. Ticket frequentemente evasi”. Stando ai dati di bilancio delle Asl e delle Aziende Ospedaliere, infatti, nell’anno 2012 (ultimo disponibile), le entrate derivate dal ticket per codici bianchi sono stati pari a quasi 300 mila euro.  Pertanto gli utenti che hanno regolarmente pagato risulterebbero essere circa 12 mila; tuttavia, i dati relativi agli accessi evidenziano che, a fronte di un numero complessivo di codici bianchi pari a 95.594, gli utenti che non avevano diritto ad alcuna esenzione sarebbero oltre 47.000 (circa il 50% del totale), i quali avrebbero dovuto corrispondere una somma complessiva pari a circa 1,2 milioni di euro. Da ciò si deduce che sono stati evasi circa 900mila euro di ticket (pari al 75% delle entrate dovute). Per quanto riguarda la scelta di recarsi al pronto soccorso, nella maggior parte dei casi (7 su 10) si tratta di decisioni autonome, mentre è fortemente diminuito il ruolo dei medici di famiglia, i cui “suggerimenti” nel 2009 sono stati determinanti per circa 22 mila accessi, contro i circa 13 mila del 2014 (-40,5%); analogamente, gli accessi consigliati dagli specialisti si riducono del 13,7% (da 37.791 a 32.630). Secondo le stime SIMEU, infatti, in Italia almeno un quarto degli utenti (6 milioni in valori assoluti) si reca in pronto soccorso per patologie non gravi.  Rapportando questo al contesto regionale e ipotizzando che, oltre ai codici bianchi, anche una quota di codici verdi sia “inappropriata” (almeno il 10% secondo le stime SIMEU), nel Lazio le “false urgenze” nel 2014 sarebbero state circa 230 mila.

“Dati che confermano l’inadeguatezza della rete assistenziale territoriale – commenta Civica – che dovrebbe invece rappresentare il primo punto di contatto tra i cittadini e le cure sanitarie e non certo contribuire ad incrementare il sovraffollamento dei luoghi d’emergenza. Come affronteremo il Giubileo? I nostri pronto soccorso non sono in grado di gestire l’affluenza dei cittadini della regione, come si pensa di far fronte a milioni di presenze in più? Certamente steward e volontari non potranno colmare le carenze strutturali e di personale. Ne’ il sostegno psicologico potrà sostituire la necessaria celerità delle cure”.