Il serpentone sullo sfondo, uno stradone, i vigili urbani e un cancello azzurro davanti a quello che sembrerebbe un murales di periferia. Non ci sono insegne, ne’ indicazioni particolari per raggiungerlo, ma a Corviale il Mitreo Iside lo conoscono tutti. In quindici anni più generazioni hanno frequentato quegli spazi e, nonostante la diffidenza iniziale, hanno cominciato ad amarli. A sentirli parte del quartiere, a mandarci i figli a studiare inglese, a seguire un corso di danza, a visitare gratuitamente una mostra. O a partecipare a quelle mostre. Perché le opere esposte sono spesso di artisti del posto. Artisti che forse senza il Mitreo non  avrebbero avuto la possibilità di esibirsi. L’impatto nell’accedervi e’ molto forte. Si entra in una struttura abbastanza anonima, in un seminterrato di grandi dimensioni e improvvisamente si viene quasi catapultati in un’altra realtà. Il degrado intorno, le difficoltà della periferia – di alcune periferie in particolare – svaniscono e gli occhi si abituano pian piano alla luce del bello. Piccole istallazioni, qualche scultura, quadri e cartoline d’ogni dove immettono nel grande spazio semicircolare dove è possibile immaginare, senza troppo sforzo, musicisti intenti nei loro concerti, proiezioni cinematografiche, attori alle prese con improvvisazioni teatrali o semplici spettatori di una conferenza, di un dibattito. Ed è esattamente questo che è avvenuto al suo interno, ci racconta Monica Melani che nel 2005 vinse un bando per la riqualificazione dell’area attraverso attività culturali. Attività che hanno portato politici, giornalisti, personaggi del mondo dell’arte e dello spettacolo ad avvicinarsi ad una realtà non certo nota per le sue avanguardie culturali. E soprattutto hanno avvicinato i residenti a un mondo che guardavano con diffidenza, forse anche con scherno ma col quale hanno imparato a rapportarsi, vivendolo. E così, pian piano, Corviale, la periferia dimenticata, volutamente evitata, ha trovato il proprio faro in una cultura che si è fatta quotidianità, in un seminterrato che è divenuto apertura e integrazione. Gli anni sono trascorsi e con essi le giunte capitoline e municipali, ma la fervida attività del Mitreo ha fatto si’ che ogni quinquennio la concessione fosse rinnovata, anteponendo i colori dell’arte a quelli della politica. Oggi la favola finisce. Una delibera impone la chiusura dei locali entro la fine del mese e il Mitreo, le sue opere, le quindici associazioni che ci lavorano, i circa 400 frequentatori del posto sono destinati a diventare il ricordo positivo di una valorizzazione periferica che forse non interessa più. Non almeno all’XI Municipio e a questa Giunta. “Abbiamo bisogno di tutti voi”, ripete accalorandosi Monica Melani che l’ha gestito finora. E la Uil del Lazio ha raccolto l’appello facendolo proprio, “perché non è possibile che realtà del genere, in contesti del genere, debbano morire. Non si può accettare, è contrario a ciò in cui crediamo. Contrario a tutti i principi  di integrazione e valorizzazione delle periferie in cui non solo il sindacato ma anche la politica dice di voler favorire”, commenta il segretario regionale della UIL, Giuliano Sciotti, in prima linea in questa battaglia.
“Non si comprende perché questa Giunta decida di chiudere tutte quelle attività sociali o culturali che funzionano – afferma il segretario generale della UIL LAZIO, Alberto Civica – prima la Casa internazionale delle donne, poi Lucha y Siesta, ora il Mitreo di Corviale. Luoghi distanti tra loro e con finalità diverse. Ma luoghi essenziali per la collettività, realtà importanti del nostro tessuto urbano. Pare ci sia una voglia di eliminare tutto ciò che funziona. Vorremmo comprendere le finalità di questo gioco al massacro che, non dimentichiamo, andrà a coinvolgere e penalizzare anche i tantissimi lavoratori delle associazioni che operano all’interno, gli artisti, i dipendenti dell’impresa che lo gestisce.  E di altri disoccupati non abbiamo proprio bisogno”.