Una contrazione di oltre il 10% del Pil, un calo del 26,3% nelle esportazioni, -37,6% di nuove iscrizioni nel registro delle imprese, una diminuzione del 3,7% dell’occupazione (oltre 88 mila unità) e del 64,2% dei nuovi rapporti di lavoro, un calo del 27,1% delle compravendite immobiliari. Questa la situazione attuale nel Lazio dove l’emergenza pandemica da Covid-19 e la conseguente fase recessiva innescata dalle necessarie misure restrittive messe in atto dal Governo hanno colpito duramente anche i territori della nostra regione, con effetti riscontrabili sulla produzione di ricchezza, sugli scambi internazionali, sulla tenuta del sistema produttivo e soprattutto sull’occupazione e sui consumi. È quanto emerge dal dossier “Lavoro e situazione economica del Lazio di fronte alla pandemia” elaborato dalla UIL del Lazio e dall’istituto di ricerca Eures.

In termini complessivi, la battuta d’arresto registrata dall’economia regionale nei primi mesi del 2020 appare in linea con la situazione nazionale: se da un lato, infatti, la nostra regione ha subito la quasi totale scomparsa del turismo (il cui valore nel 2019 rappresentava il 13% del Pil regionale), con effetti sull’intera filiera ricettiva, sulle attività del commercio nel centro storico e sull’offerta culturale, dall’altro è stata colpita in misura relativamente meno incisiva dal blocco delle attività “non essenziali” disposto con il DPCM del 22 Marzo 2020 (Decreto “Chiudi Italia”), che ha coinvolto il 42% dei rapporti di lavoro a fronte del 50% osservato in media in Italia (fonte Inps). Nonostante ciò, l’impatto della crisi indotta dal Covid-19 ha raggiunto anche nel Lazio dimensioni di gran lunga superiori a quelle della recessione globale del 2008: secondo le stime e le elaborazioni di Bankitalia, infatti, nel primo semestre del 2020 l’attività economica regionale ha registrato una contrazione del 10,3% (-11,8% il dato medio nazionale), “bruciando” di fatto circa 9 miliardi di PIL rispetto alla situazione del semestre precedente e investendo il sistema economico-produttivo, il mondo del lavoro e la condizione materiale delle famiglie. Tale dinamica troverebbe peraltro conferma anche su base annuale: le previsioni della Svimez, infatti, stimano per il 2020 una contrazione del Pil del Lazio pari al -7,1%, con uno scarto di ben 2,5 punti percentuali sulla media nazionale (-9,6%). Ed è proprio la forte decelerazione del PIL a caratterizzare il peggioramento del quadro economico regionale (e nazionale), poiché coinvolge diversi settori, dalla produzione, al lavoro, agli investimenti, alle esportazioni, ai consumi.

In particolare, sul fronte del commercio estero, nel secondo trimestre 2020 (cioè nel periodo del lockdown più stretto) il valore delle esportazioni del Lazio ha subito un calo del 26,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, attestandosi il loro valore a 5,4 miliardi di euro contro i 7,3 del secondo trimestre 2019. Tale flessione, che investe quasi tutti i comparti, risulta più marcata nei settori dei mezzi di trasporto e del farmaceutico (che rappresenta quasi il 40% dell’export regionale), mentre il comparto chimico e l’alimentare mantengono variazioni positive.

Gli effetti della pandemia hanno ovviamente frenato anche l’iniziativa imprenditoriale, determinando nei mesi di aprile, maggio e giugno 2020 una forte contrazione delle nuove iscrizioni nel registro delle imprese (-37,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente), anche se il contestuale decremento delle cessazioni è risultato leggermente meno marcato (-34,9%), determinando complessivamente un saldo positivo (pari a 1.449 unità), che conferma – pur in presenza di una recessione senza precedenti  – una continua frammentazione del sistema produttivo e la proliferazione di microimprese non in grado  di generare innovazione e opportunità di lavoro. Non è un caso che proprio nel primo semestre del 2020 siano le imprese straniere a registrare un saldo positivo di oltre mille unità (+1.024), mentre il saldo delle “italiane” presenta una riduzione di oltre 1.600 imprese.

“Una situazione disastrosa che se da un lato è giustificata dall’emergenza che stiamo vivendo, dall’altra vede penalizzate ancora una volta soprattutto le categorie più deboli – commenta il segretario generale della UIL del Lazio, Alberto Civica – coloro che purtroppo non hanno contratti regolari o lavorano come stagionali. Cui bisogna aggiungere le donne. Quest’ultime infatti sono state le prime ad essere colpite dai vari lockdown. Con i ragazzi in didattica a distanza e gli anziani spesso costretti all’isolamento protettivo, le donne sono state le più penalizzate, soprattutto nella prima fase quando ancora lo smart working era purtroppo un privilegio di pochi”.

L’occupazione femminile infatti è scesa di 2,9 punti in termini tendenziali, mentre per gli uomini si segnala un decremento di un punto percentuale (-2 punti il valore totale). Tale risultato mostra prevedibilmente un peggioramento del gap di genere, che passa da 15 punti del II trimestre 2019 a 16,8 punti nello stesso periodo del 2020. Il crollo dell’occupazione registrato nel trimestre successivo risulta tuttavia più generalizzato e coinvolge in misura pressoché analoga uomini (-2,7 punti) e donne (-2,9 punti).

Ma anche i dati dell’occupazione in generale sono preoccupanti: gli occupati residenti nel Lazio sono scesi a 2,3 milioni di unità, a fronte di 2,42 milioni registrati nello stesso periodo dell’anno precedente: 115,8 mila occupati in meno (-4,8% in termini percentuali), un decremento, peraltro, superiore al -2,6% osservato su scala nazionale (nel Lazio si concentra infatti oltre il 20% del totale delle perdite occupazionali subite dal nostro Paese durante il III trimestre 2020). Diminuiscono e di parecchio, inoltre, anche i soggetti in cerca di lavoro, ben il 39,3% in meno rispetto all’anno precedente (-105,5 mila unità in termini assoluti). Un valore superiore al dato nazionale, che si ferma al -25,4% (-647,3 mila unità).

C’è da dire però che la situazione descritta avrebbe assunto dimensioni socialmente ed economicamente insostenibili in assenza di tutte quelle tutele e misure di “salvataggio” adottate dal Governo, in particolare in relazione al blocco dei licenziamenti ed al contestuale massiccio impegno finanziario destinato alla Cassa integrazione: tali misure – attivate nella primavera del 2020 e prorogate fino ai primi mesi del 2021 al termine di un lungo e non facile “braccio di ferro” tra Governo e sindacati che su questa battaglia sono arrivati a minacciare lo sciopero generale -, soltanto nel Lazio hanno salvato dalla disoccupazione almeno 120 mila lavoratori, contenendo l’impatto sociale della crisi che ha già visto crescere fortemente il numero delle famiglie trascinate sotto la soglia della povertà: la sola cassa integrazione, aumentata nel Lazio di ben 20 volte nel secondo e terzo trimestre 2020 (rispetto agli stessi periodi dell’anno precedente) ha infatti assorbito almeno 230 mila lavoratori, che hanno potuto “conservare” il proprio posto di lavoro in attesa della ripartenza.

A farne le spese ovviamente è anche il piano dei consumi. Secondo le prime stime della Confcommercio, nel 2020 nella nostra regione c’è stata una contrazione dell’11,8%, con una perdita di circa 12,6 miliardi, ovvero 2147 a testa. Un calo direttamente correlato alla riduzione del reddito medio che, in base alle previsioni Svimez, nel 2020 subirà una contrazione dei 3,4 punti percentuali (dato nazionale). La stagnazione dei redditi sarà peraltro destinata a perdurare anche nel 2021 (+0,7% la variazione stimata), per tornare ai livelli pre-crisi solo dal 2022 (+5%; fonte Svimez). In aggiunta a ciò, il perdurare nel tempo di una crisi economica senza precedenti sta creando le condizioni favorevoli per un inasprimento delle nuove situazioni di povertà: la Caritas ha evidenziato come in un anno l’incidenza dei “nuovi poveri” all’interno della sua utenza è passata dal 31,8% al 45% e sono notevolmente aumentati i cittadini italiani che per la prima volta rappresentano la maggioranza degli assistiti, ovvero il 52% del totale contro il 47,9% dello scorso anno. Risultati, questi, che nell’immediato futuro determineranno un inevitabile peggioramento dell’indice di povertà relativa.

“Servono investimenti immediati e mirati – commenta Civica – a partire dalla sanità dove i tagli degli anni precedenti hanno avuto un impatto devastante oggi e poi occorre investire nelle infrastrutture e nell’economia circolare in modo da far ripartire il Paese gravemente penalizzato dalla crisi che stiamo vivendo. Nel frattempo, è necessario mantenere e rinnovare le misure emergenziali oltre il mese di marzo, perché purtroppo la pandemia non sarà risolta per allora. Quindi ci aspettiamo e lotteremo per ottenere il protrarsi del blocco dei licenziamenti, del decreto ristori, il rinnovo della cassa integrazione che ha permesso finora di salvare oltre 120 mila lavoratori solo nella nostra regione e politiche per l’occupazione, soprattutto femminile”.