
Scarpette rosse
Mentre i reati in generale calano sia nel nostro Paese, sia nel Lazio, le violenze invece aumentano, raggiungendo nel 2016 un picco del più 9% nella sola Capitale, contro una media nazionale del più 1,2%. E’ proprio la Capitale a detenere il triste primato regionale con 352 casi di violenza sessuale registrati nel 2016, contro i 323 dell’anno precedente, mentre su base regionale l’incremento è del 7%: si è passati infatti da 399 casi nel 2015 a 427 lo scorso anno. Questa l’elaborazione della Uil di Roma e del Lazio in collaborazione con l’Eures sulla base dei dati del Ministero dell’Interno.
“Dati che evidenziano quanto il problema delle violenze sia purtroppo all’ordine del giorno, anche se spesso sottovalutato – commenta il segretario generale della Uil regionale, Alberto Civica – Se ne parla sempre in emergenza o quando qualche episodio di cronaca riattualizza il fenomeno, come insegna la recente vicenda di Asia Argento, ma poi tutto continua come prima. Al bar la mattina dove, tra un cappuccino e un caffè, si commenta la notizia tra sorrisini e frasi fatte. Sull’autobus, dove una donna viene molestata nell’indifferenza degli altri passeggeri. Sui social dove le vittime diventano oggetto di insulti di ogni genere. Ma anche nelle civilissime sedi dei tribunali le cose non sempre cambiano, se non nella forma: alcuni stupri vengono catalogati come “incidenti sul lavoro”, pedinamenti di mesi saldati con 1.500 euro di multa grazie alla depenalizzazione dello stalking introdotta dalla nuova riforma sulla giustizia”.
Dei 352 casi di violenza registrati a Roma lo scorso anno, ben 36 sono stati compiuti ai danni di una minore di 14 anni, con un incremento del 125% rispetto al 2015 quando le segnalazioni erano state 16. L’aumento delle violenze sugli under 14 a livello nazionale è dell’1,5%.
All’incremento delle violenze sessuali si aggiungono i casi di maltrattamenti in famiglia e mobbing sul posto di lavoro, con commercio, pubblica amministrazione e turismo tra i settori più colpiti. Settori in cui la mancata accettazione delle avances da parte del datore di lavoro nella maggior parte dei casi o del collega, si traduce in demansionamenti, improvvisi carichi lavorativi, turni modificati, richieste di orari impossibili.
“Il sindacato è molto attivo sul campo – prosegue Civica – e raccoglie presso gli sportelli antimobbing diffusi su tutto il territorio nazionale oltre 1000 segnalazioni l’anno. Ma la risposta delle istituzioni rimane sempre molto flebile. Ben venga la solidarietà alle vittime, ma solo se integrata da azioni concrete che non siano certo tagli al welfare e al sociale o mancati finanziamenti ai centri antiviolenza. Servono maggiore preparazione da parte di tutti gli operatori coinvolti, leggi chiare e non certo risarcitorie, piani regionali e nazionali di tutela per le vittime di stupro e per gli orfani di femminicidio. E’ un argomento serissimo su cui non ci si può permettere di fare campagna elettorale o bagarre politica”.