La sede Uila in provincia di Latina

La sede Uila in provincia di Latina

Ammonta a circa 300 milioni di euro il sommerso nel settore agricolo nel Lazio e sono irregolari oltre 13 mila su 41 mila lavoratori del settore. Lavoratori che, pur rappresentando soltanto l’1,8% del totale degli occupati della regione (circa 2,3 milioni di unità), a differenza degli altri settori, risultano in crescita dal 2010 a oggi (+5.300 unità). Questi alcuni dati rilevati dalla Uil di Roma e del Lazio, in collaborazione con la categoria del settore (Uila) e l’istituto di ricerche economiche e sociali Eures, in merito al lavoro agricolo nella nostra regione. “Una regione dove, nonostante la Capitale sia il più grande comune agricolo d’Europa, il lavoro in agricoltura è numericamente inferiore al dato nazionale – commenta il segretario generale della Uil di Roma e del Lazio Alberto Civica – e pertanto risulta ancora più grave la vasta componente soprattutto di irregolarità da cui è caratterizzata. Irregolarità documentata non soltanto dai dati, ma anche dalle numerose testimonianze raccolte durante la nostra inchiesta sul campo, durante la quale tutti gli intervistati, forse con un’unica eccezione, riferivano di ore di lavoro aggiuntive rispetto al contratto, di pagamenti inferiori a quelli previsti per legge, di condizioni di lavoro completamente inadeguate e spesso non a norma”.

Non è un caso che l’agricoltura sia storicamente il comparto che registra la più elevata incidenza di fenomeni di evasione ed elusione fiscale e contributiva anche per  la particolarità che la caratterizza: l’esigenza di ottenere manodopera da utilizzare in base al temporaneo livello di produzione apre infatti il campo a forme contrattuali di tipo stagionale, che incentivano la creazione di rapporti di lavoro basati sull’informalità e/o su modalità di reclutamento più o meno legali (caporalato), favorite anche dalla forte presenza di lavoratori stranieri spesso coinvolti. “Basti pensare alla nota comunità indiana di Latina e provincia – continua Civica – dove tra l’altro abbiamo realizzato la nostra inchiesta. Comunità dedita quasi interamente al lavoro agricolo e spesso con grosse difficoltà linguistiche che sicuramente non aiutano nella rivendicazione dei propri diritti. Nella provincia pontina si concentra la percentuale più elevata di lavoratori in agricoltura (16 mila unità) e di conseguenza di lavoratori in nero nel settore che, stando ai dati ufficiali e quindi comprensibilmente inferiori ai dati reali, ammontano nel Lazio a 758 unità”. Secondo il Ministero del Lavoro infatti nel 2015 i lavoratori in nero individuati nel Lazio erano complessivamente 12.621, circa un quarto del totale registrato a livello nazionale (41.570). Di questi, circa il 6% risultano lavoratori del settore agricolo (758 in termini assoluti), con una maggiore concentrazione nelle province di Latina e Viterbo, dove la percentuale di addetti all’agricoltura sul totale dei lavoratori in nero si attesta rispettivamente al 17,5% e al 14,1%. A questi va aggiunta l’ampia fascia di irregolari, stimati complessivamente in 400mila unità, di cui il 3,4% nel comparto agricolo (oltre 13mila unità). A livello nazionale le unità di lavoro irregolari sono quasi 3,7 milioni e gli addetti all’agricoltura ne rappresentano il 5,7% (circa 210mila unità). “Uno scenario che ci auguriamo possa presto cambiare grazie anche all’approvazione della legge sul caporalato – commenta il segretario regionale della Uil di Roma e del Lazio, Pierluigi Talamo – legge che, prevedendo un inasprimento delle pene per i caporali e per le aziende che sfruttano il caporalato, indennizzi per le vittime e un piano di interventi per l’accoglienza dei lavoratori agricoli stagionali, dovrebbe migliorare l’andamento dell’intero settore che, tra l’altro, dopo la battuta di arresto del 2015, durante l’anno in corso ha visto l’avvio di nuovi contratti”.  Ciò che emerge in tutte le province è la forte caratterizzazione maschile del settore. La stessa crescita occupazionale è relativa esclusivamente agli uomini che nel 2015 hanno registrato un incremento del 37,7% (+8.600 unità in termini assoluti) a fronte di una contrazione pari al -24,5% registrata dalle donne (-3.300 unità).

La forte caratterizzazione terziaria che contraddistingue l’economia regionale è ravvisabile osservando la composizione settoriale del valore aggiunto, rappresentato per l’84,4% dai servizi, a fronte di percentuali molto più esigue per il comparto industriale (+14,6%) e, soprattutto, per il settore agricolo che, con un valore complessivo di 1,74 miliardi di euro, costituisce solo l’1% del valore aggiunto regionale. Valore che, in coerenza con le dinamiche occupazionali del settore, registra una dinamica di crescita negli ultimi anni, interrotta tuttavia da un’inversione di tendenza registrata nell’ultimo anno: dopo un significativo incremento nel periodo 2009-2013, quando si registrava un incremento del 14,4% passando da 1,6 a 1,83 miliardi di euro, nell’ultimo anno registra una contrazione del 4,9%.