Aumenta del 2,4% l’occupazione nel Lazio. Dopo gli anni della pandemia e la stagnazione del 2021, finalmente il mondo del lavoro appare in ripresa. Almeno in alcuni settori. A trainare infatti la crescita sono l’edilizia in primis con 11 mila lavoratori in più rispetto al 2021, il terziario soprattutto nella provincia di Roma, mentre industria e agricoltura la fanno da padrona nelle province del basso Lazio. Questo quanto emerge dal dossier “il mercato del lavoro nel Lazio” realizzato dalla Uil regionale e dall’istituto di ricerca Eures.  Sono 2,32 milioni gli occupati nella nostra regione, ovvero 62 mila in più rispetto al 2020, ma 12 mila in meno rispetto al 2019, soprattutto a causa della forte flessione nei servizi (-39,1 mila unità) non compensata dalla crescita di edilizia, agricoltura e industria. In ripresa anche il Pil (+5,8% sul primo semestre del 2021) e le esportazioni, cresciute del 12,7%.

A fare da traino è la Capitale dove si concentra per oltre l’80% l’incremento occupazionale della regione. La sorpresa più che positiva riguarda le donne. È infatti l’occupazione femminile a far registrare i valori più significativi, con una crescita di circa 32 mila unità, non sufficienti però a colmare il forte gap con quella maschile, il cui tasso specifico di occupazione raggiunge il 69,7% (contro il 54,1% delle donne).  Ma c’è un ma. O forse più di uno. Se dal punto di vista numerico l’occupazione registra una ripresa, dal punto di vista qualitativo tutto rimane invariato. I contratti attivati nel 2022, infatti, sono prevalentemente precari e ciò, oltre a prevedere retribuzioni e tutele svantaggiose, impedisce il consolidamento delle imprese. Su 711.843 nuovi contratti, infatti, solamente uno su cinque (20,9%) ha carattere stabile, mentre il 55,6% è a termine, il 10% è di tipo stagionale, l’8,6% in somministrazione e il rimanente 5% è rappresentato da contratti intermittenti. È da segnalare inoltre una consistente crescita dell’incidenza dei contratti di lavoro stagionali, passata, nell’ultimo quinquennio, dal 5,6% al 10%.

“Se la crescita occupazionale è sicuramente un segnale positivo, soprattutto relativamente alla situazione femminile –  commenta il segretario generale della UIL Lazio, Alberto Civica – non si può non considerare che questa ripresa è consequenziale al periodo di blocco della pandemia e che il settore che evidenzia la maggiore crescita, l’edilizia, è destinato a crollare bruscamente con i nuovi provvedimenti del Governo che penalizzano la ripresa stessa e rischiano di riportare l’occupazione ai livelli pandemici. Inoltre non possiamo non sottolineare la precarietà che caratterizza la maggior parte dei nuovi contratti attivati e che favorisce quindi il lavoro povero. Basti ricordare che negli ultimi cinque anni nel Lazio il 30% dei lavoratori ha percepito retribuzioni annue inferiori ai 10 mila euro”. All’input occupazionale nel Lazio ha fatto ovviamente seguito nel 2022 una netta contrazione del numero dei disoccupati: rispetto al 2021, infatti, a livello regionale i disoccupati sono diminuiti del 22,7% (-57,1 mila unità in valori assoluti), attestandosi a 194,3 mila, il valore più basso dell’ultimo quinquennio. Tale decremento trova peraltro riscontro in tutte le province evidenziando una accresciuta capacità di assorbimento occupazionale da parte del sistema economico-produttivo legato tuttavia anche ad una preoccupante flessione delle forze di lavoro, calate nel Lazio di quasi 100 mila unità negli ultimi 5 anni (da 2.615.000 nel 2018 a 2.515.200 nel 2022).

“Un calo della disoccupazione – commenta Civica – che solo in parte è attribuibile però alla ripresa economica dell’ultimo periodo e che molto deve invece, purtroppo, alle trasformazioni demografiche della regione che ha visto fortemente diminuire il numero delle nascite, meno 31% in dieci anni, e aumentare quello dei giovani in fuga verso altre città italiane o verso l’estero. Basti pensare che solo nel 2020 oltre 4 mila giovani hanno trasferito la propria residenza all’estero e circa 10 mila in altre città del nord Italia, con preoccupanti ripercussioni sul sistema sociale e sulle sue prospettive future”.