Sono oltre 415 mila i lavoratori irregolari nel Lazio. Ovvero circa un quinto del totale dei lavoratori della regione (2,3 milioni -stima Istat 2017) e il 13% del totale nazionale. Questi i dati elaborati dalla Uil del Lazio e dall’Eures sul lavoro nero e/o irregolare nel Lazio e in Italia.

In termini dinamici, i dati evidenziano nel quinquennio 2013-2017 una crescita di circa il 9% dell’occupazione irregolare nella nostra regione, in modo particolare nel comparto agricolo e nel terziario, mentre nell’industria si registra un’inversione di tendenza. Ben l’83% di tutti i lavoratori irregolari della regione afferisce al settore dei servizi (circa 345 mila in valori assoluti). Percentuale che a livello nazionale scende al 77%. “Poiché per lavoro irregolare si intendono tutte quelle situazioni professionali in cui non vengono rispettate le normative riguardanti la sicurezza, il contratto, la retribuzione, gli orari di lavoro, il panorama che abbiamo davanti è tutt’altro che roseo- commenta il segretario generale della UIL del Lazio, Alberto Civica – non è un caso che anche gli incidenti sul lavoro e le malattie professionali siano aumentate negli ultimi anni. A differenza, invece, delle ispezioni la cui frequenza si è purtroppo molto ridotta. E questi sono i risultati. A cui si aggiungono la mancanza di politiche sul lavoro a livello nazionale e di una seria programmazione a lungo termine di progetti e infrastrutture, oltre che lo stallo delle opere già avviate. Bloccare i cantieri significa bloccare il mondo del lavoro, costringere centinaia di persone a cercare altro. E spesso a ripiegare su soluzioni non proprio lineari”.

Se in valori assoluti i lavoratori irregolari del terziario sono i più numerosi, in termini percentuali la maggiore manifestazione del fenomeno si ha in ambito agricolo dove tre lavoratori su dieci non sono a norma (29,2% del totale) e nel campo delle costruzioni (25,5%). Settore quest’ultimo già fortemente penalizzato dagli esuberi del quinquennio. Agricoltura ed edilizia sono anche i settori in cui vi è il maggior numero di lavoratori stranieri, generalmente più esposti al rischio di lavorare in assenza di contratto o con contratti irregolari. “Situazione che purtroppo il decreto sicurezza potrebbe contribuire ad incrementare – prosegue Civica – ciò perché le forti limitazioni imposte, le maggiori difficoltà anche burocratiche nel rinnovo dei permessi di soggiorno, stanno già trasformando in irregolari molte posizioni prima a norma. Di conseguenza, è molto probabile che i nuovi irregolari possano sconfinare nel nero pur di sopravvivere”.

I dati evidenziano come complessivamente circa il 47% dei lavoratori irregolari scoperti dalle forze dell’ordine siano completamente in nero. Percentuale che sale al 66% nel comparto agricolo. In valori assoluti ciò si traduce in circa 195 mila lavoratori in nero nel Lazio, ovvero 16,6 mila in più rispetto al 2013. A livello settoriale, nella nostra regione circa 4 lavoratori in nero su 5 afferiscono al terziario (158 mila in termini assoluti), percentuale che risulta molto più contenuta su scala nazionale, dove la quota relativa ai servizi raggiunge il 74% (quasi 1,2 milioni di unità). Nel terziario e nei servizi confluiscono tutte le attività commerciali di qualsiasi tipologia – spiega Civica – ma anche il mondo dell’assistenza domestica che, a differenza dell’agricoltura e dell’edilizia, è un mondo prevalentemente femminile. In questo caso, al problema del ‘nero’ si aggiunge quello dei ricatti sessuali, ancora più ardui da identificare e spesso sottaciuti per timore di perdere il posto di lavoro. Problematiche che avrebbero bisogno di politiche certe e azioni mirate, non sicuramente di proclami e attacchi senza concretezza. Sono la corruzione, il nero, l’evasione i veri problemi da combattere, non il mondo dei deboli che nel frattempo è divenuto sempre più debole”.